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26 Giu

Esco e prendo la metro. Voglio comprare qualcosa di particolare per stasera, e non ho intenzione di dare ulteriore scandalo nei negozi vicino casa dove mi conoscono da tanto tempo.
Riemergo in un altro quartiere, e comincio a guardare le vetrine: non mi decido ad entrare in un negozio che manca poco inalberi la scritta “La puttana perfetta” come insegna, e mi toglie dall’imbarazzo il telefonino.
E’ Catia, ci troviamo finalmente, allora mi infilo in un Macdonald, prendo un bicchierone di orribile caffè e ci mettiamo a chiacchierare. Catia è gentilissima, per anzianità ed esperienza dovrebbe essere lei la leader per la prossima serata ma non se la prende.
Mi spiega che farà lei la pole dance, e mi invita ad aprire la serata con lo spogliarello: poi dovrò andare a sedermi nuda in grembo al festeggiato e seguire la sua esibizione.
Mai fatto uno spogliarello in vita mia, e Catia semplifica: pensa di dover eccitare il tuo ragazzo, vedrai che andrà benissimo.
Quando lei avrà finito scenderà dal palco, ci raggiungerà e ci dedicheremo al festeggiato. “Ma prima di cominciare dovremo parlare con quello che ha organizzato la serata, per metterci d’accordo sul dopo. Sarà lui ad avvertire che dopo riceveremo tutti i partecipanti che vorranno approfittare, spiegherà che non siamo comprese nel prezzo e indicherà le tariffe”.
Ovviamente non lo farà per puro buon cuore: tradizione vuole che si serva gratis di noi, ma se ci sappiamo fare lo contenteremo in fretta e ci sarà di grande aiuto.
“Porta una bella provvista di preservativi perché non avremo certamente il modo di passarceli in caso di necessità, ed una buona crema, perché dopo un po’ ne avrai bisogno”.
Mi prega anche di non mettere il reggicalze ma le autoreggenti: “Il reggicalze lo metto io, per la pole dance è indispensabile, e dobbiamo distinguerci in qualche modo, non solo per il colore, tieni presente che io sarò in rosso”.
Passerà a prendermi lei in tassì con sufficiente anticipo; mi saluta e mi augura buona giornata.
Lascio lì il caffè ed entro coraggiosamente nel negozio di prima. Chiedo di provare un abito che ho visto in vetrina, nero, molto scollato e lungo fino ai piedi, con degli spacchi fino all’inguine che mostrano proprio tutto. E’ la mia taglia, cade bene ma mi sta malissimo: non importa, lo indosserò per poco.
Ci sono anche degli orribili trampoli col tacco quattordici ed il plateau, che si accoppiano al vestito: costano uno sproposito per quanto sono brutti, ma sempre meno del mio sogno proibito, i sandali francesi con la suola rossa che non vorrei mai indossare sul lavoro. Li prendo.
Trascinando la bustona del negozio, passo alla lingerie. Tutto nero, ovviamente, reggiseno a balconcino, perizoma ricamato ed autoreggenti con un altissimo bordo di pizzo.
In uno slancio di entusiasmo, prendo un altro completo identico ma tutto bianco e con il reggicalze, magari potrà servirmi in qualche altra occasione.
Infine i preservativi: non me la sento di entrare in farmacia e comprarne sei o sette scatole, quindi passo da una all’altra e ne acquisto due confezioni in ciascuna, mi fermo quando mi rendo conto che sono arrivata a otto.
Ultima tappa, in profumeria, per prendere la crema di quando ero bambina, e ne scelgo una confezione grande.
Mi sento fiera di me.

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