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13 Nov

A proposito di agenda, in questo telefonino ce n’è sicuramente una, si tratta di farla funzionare e vedere se Irina la usava. Cercando di non pensare ad Aliena che si è di nuovo abbandonata sulle mie gambe esploro i vari menu, trovo quello giusto, ci entro ma l’agenda è desolatamente vuota; bene, Irina faceva in un altro modo, ed è meglio che anch’io usi il telefonino il meno possibile. Aliena sembra leggermi nel pensiero, anche stavolta, e mi spiega che il numero è intestato alla signora della quale Irina figura come badante, è un telefono piuttosto sicuro. Ma chi lo sa se è sicuro quello di Michelle, per esempio, si chiamano intercettazioni indirette, io non faccio penale ma leggo i giornali e so che non si può mai essere sicuri di non parlare con qualcuno sotto controllo, specie in questo ambiente.
Altra telefonata, leggo che si tratta di Pierina, domani sera cena e dopocena.
Anche Pierina, italiana anzi romana, voce non giovanissima, all’inizio è sospettosa, mi chiede se sono a casa di Irina ed io rispondo di no, mi chiede di Aliena, ne conosce anche il nome, ed io dico che è venuta a stare da me, mi fa un altro po’ di domande più o meno a trabocchetto e alla fine si convince.
No, il manager è uno solo e vuole una sola donna purché non sia di colore, viene da Milano e paga cinquecento euro oltre la cena, meno la solita provvigione, appuntamento domani alle otto in un albergo che, mi viene da ridere, è dietro casa mia, e non vestirti da troia perché lì ci stanno attenti.
Mi lascia perplessa questo cliente che vuole una donna bianca ma accetto, Pierina mi detta un numero di telefono che devo chiamare quando arrivo in albergo.
Peccato, questo era un lavoro per Catia, le avrebbe fatto piacere, e allora sarà per la prossima volta.
“Ci vai, se ho capito bene”, dice Aliena.
Sì, ha capito bene, anche se questa Pierina che fa la mezzana mi lascia sempre più perplessa e la rete di amicizie di cui Irina si vantava sembra essere meno brillante che all’apparenza.
“Posso io?”
“No, Aliena, non da sola, assolutamente”.
Mentre parlavo con Pierina è arrivata una telefonata, il telefonino me la segnala, era di Pino. Che richiama un attimo dopo, e mi dice che noi ci conosciamo.
“Sei venuta con Irina e Catia una sera, sei piaciuta a tutti”.
Ecco, quella serata di cui non ricordo niente, e tutti invece si ricordano di me, maledizione.
Pino mi chiede come sta Irina e mi dice che stasera sono in quattro, conosco già Attilio e Lorenzo, poi c’è un nuovo amico e ci vediamo a casa sua.
“Mille a testa, vieni con Catia?”
Dico di no, dico che porterò un’amica nuova di zecca, tanto carina e tanto brava, e magari ci potreste fare un regalino più sostanzioso, vi faremo vedere cose eccezionali: però Pino pare che non possa impegnarsi, quindi non insisto e fisso l’appuntamento, alle dieci di stasera al Casaletto, neanche tanto scomodo da casa mia.
“Chiamami a questo numero quando arrivi e ti facciamo entrare. E non farci sorprese, se arrivate in tre sempre duemila euro vi dividerete, stavolta”.
Aliena si alza mi bacia sulla punta del naso e corre via verso il bagno.
Manca la chiamata di Carla, chissà chi è, ha già cambiato tre volte la data, magari ci ha ripensato, insomma anche se non richiama non è una gran perdita e se chiama può essere che pretenda tutt’altra cosa.
Voglio uscire con Aliena, adesso, e spendere i quattrocento euro di Ninni e magari anche di più, tanto tra oggi e domani si incassa e la clinica non mi ha ancora chiamato per chiedere soldi.
Lo faccio e giro con tre telefonini nella borsetta, adesso, i due miei e quello di Irina, e mi sento molto stupida, se ci penso. Poi guardo Aliena che passa da una vetrina all’altra e mi sento molto felice; poi penso all’appuntamento di stasera e mi preoccupo un po’.
Cancelliamo le preoccupazioni: ispirandomi a Fabrizia compro ad Aliena un tailleur pantalone di lino nero che le sta benissimo, è in saldo e non costa neanche tanto; ne prendo uno anch’io, blu scuro.
Il simpaticissimo commesso gay che ci serve si dilunga in complimenti e ci dice che è un’ottima idea portarlo senza niente sotto e che magari io dovrei provare la taglia più piccola per mettere meglio in evidenza le mie curve. No grazie, va bene così, già ho dovuto togliere anche le mutandine perché si vedevano troppo.
Ci vogliono anche le scarpe, crepi l’avarizia ed anche l’invidia; così Aliena si inerpica su meravigliosi sandaletti con il tacco dieci, ed è un vero spettacolo. Io utilizzerò quelle da puttana che già ho, per recuperare qualche centimetro. Ci presenteremo così da Pino, sarà un successone.
E lo è già, Aliena è contentissima ma secondo me manca ancora qualcosa, anche se capisco cosa solo quando siamo arrivate a casa, così mi inginocchio davanti a lei e le metto lo smalto sulle unghie dei piedi: ne ho ancora un po’, nero profondo, e alla fine è perfetta.

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